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Biografia di Terenzio |
Commediografo
Terenzio Afro, Publio, commediografo latino, nacque nel 190 ca. e morì nel 159 a.C. Cartaginese di nascita, fu condotto schiavo a Roma dal senatore Publio Terenzio Lucano, che gli diede un'educazione da uomo libero e lo affrancò. Il giovane ne assunse il praenomen e il nomen, mentre il nome acquisito, Afro, connotava la sua origine africana. A Roma Terenzio allacciò saldi legami di amicizia con Scipione Emiliano, al quale faceva capo un vivace circolo letterario, il cosiddetto circolo degli Scipioni, fortemente permeato di cultura ellenica. Esordì come autore di teatro nel 166 a.C., e operò con alterne fortune fino al 160 a.C., quando si recò in Grecia per conoscere la terra della cultura che tanto aveva studiato; morì l'anno seguente durante il viaggio di ritorno.
Il suo primo testo teatrale fu Andria, messo in scena nel 166 a.C. Seguendo l'artificio retorico della contaminatio (tipico delle esperienze comiche del teatro classico e già utilizzato da Plauto) Terenzio attinse per le sue commedie (sei in tutto, rappresentate fra il 166 e il 160 a.C.) a diversi originali greci della commedia attica nuova, mescolando spunti narrativi e personaggi di varie opere. Andria, Heautontimorúmenos, Eunuchus e Adélphoi derivano perlopiù da commedie di Menandro, mentre Phormio ed Hécyra sono modellate su originali di Apollodoro di Caristo.
Nel teatro di Terenzio grande rilievo hanno i temi della comprensione e del rispetto umano, della disponibilità verso gli altri, quei valori cioè che venivano riassunti dai latini con il termine humanitas, largamente diffuso e valorizzato in ambiente scipionico. Diversamente dalle commedie di Plauto, nelle quali rivestono un ruolo fondamentale l'intreccio e l'avvicendarsi delle situazioni sceniche, talora chiassose e volutamente paradossali, nei testi di Terenzio maggiore importanza ha lo scavo psicologico dei personaggi; le loro vicende, infatti, sono moderatamente realistiche ed evocano contesti tutt'altro che fantastici, rendendo le commedie terenziane, sulla scia del modello menandreo, dei veri e propri “drammi borghesi”.
La lingua di Terenzio si distingue per la sua freschezza e la sua semplicità, ed è molto vicina a quella cosiddetta “urbana”, cioè parlata a Roma dalle persone colte. Lontana dalla dinamica e artificiosa lingua dei personaggi plautini, è tuttavia estremamente adatta alla struttura perlopiù dialogata della rappresentazione: le commedie terenziane danno maggior spazio al recitativo a scapito alle parti cantate. Un'ulteriore innovazione strutturale può riscontrarsi nella netta riduzione della varietà dei metri impiegati.
L'avversione dei ceti più conservatori agli ideali scipionici dell'humanitas, visti come troppo filoellenici e quasi lesivi del mos maiorum patrio, oltre che la preferenza del pubblico per la battuta scherzosa e la risata fragorosa tipica del teatro plautino, non giovarono al successo di Terenzio, i cui meriti letterari furono riconosciuti maggiormente dopo la morte. La sua migliore commedia, ad esempio, intitolata Hécyra e incentrata sulla figura di una suocera generosa e assennata, fu per due volte “bocciata” dal pubblico romano, incapace di coglierne l'alto messaggio morale e la raffinatissima introspezione psicologica dei personaggi. Non mancarono neppure polemiche pubbliche che videro coinvolto Terenzio, accusato dal suo principale detrattore, Luscio Lanuvino, di plagio nei confronti dei modelli greci e addirittura di essere prestanome di altri autori del circolo scipionico.
Frasi Celebri di Terenzio
- Coraggio/Codardia:
- La fortuna arride agli audaci.
- Amore:
- L'amore, come tutte le cose che non conoscono né logica né misura, non può essere affrontato con la ragione o il buon senso.
- Amore:
- I bisticci degli amanti rinnovano l'amore.
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Data creazione biografia:
21 novembre 2005
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