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Biografia di Simone de Beauvoir

Romanziera - Saggista

Simone de Beauvoir

Nata in una famiglia bene cattolica, Simone de Beauvoir intraprende, a diciassette anni, studi superiori di lettere e di matematica. Nel 1926, aderisce al movimento socialista e, mentre prepara gli studi di ammissione all'università, segue corsi di filosofia alla Sorbona. Ammessa all'Università, compie un tirocinio all'Istituto universitario Janson-de-Sailly. Fa la conoscenza di Jean-Paul Sartre nel 1929 al quale si lega. Sarà l'incontro determinante con l'uomo col quale condividerà, da allora in avanti, tutta la vita eccetto qualche breve separazione dovuta agli incarichi d'insegnamento in provincia. Ritorna a Parigi come professore di filosofia al liceo Molière nel 1936. Il suo primo libro, L'invitata, esce nel 1943, anno in cui lascia l'insegnamento. A partire dal 1947, i viaggi si succedono: gli Stati Uniti, dove soggiorna nel 1950, l'Africa e l'Europa. Riceve il premio Goncourt nel 1954 per I Mandarini. Partecipa alle attività politiche di Sartre, militante per le cause vietnamite ed algerine. Continua a viaggiare, in Cina (1955), a Cuba ed in Brasile (1960), in Unione sovietica (1962), pur proseguendo la redazione delle sue memorie e la sua azione per la liberazione della donna. Nel 1971 assume la direzione di una rivista di estrema sinistra. Una delle prime a avere sostenuto la legalizzazione dell'aborto, ribadisce questa convinzione durante la campagna cominciata nel 1972.

Opera
La sua opera, fondata sulle stesse opzioni esistenzialiste di Jean-Paul Sartre, se ne differenzia nella misura in cui Simone de Beauvoir, preoccupata di dare ad ogni problema che affronta il loro carattere concreto, utilizza di rado il linguaggio filosofico, e preferisce piuttosto alla formulazione di una teoria, una riflessione diretta ed immediata sul vissuto. Si direbbe che utilizzi un linguaggio femminile - attento al particolare concreto - se il linguaggio maschile è invece attratto dall'universale astratto. Nata da un desiderio profondo di comunicare, la sua opera è anche un'interrogazione sulla funzione ed il senso della comunicazione. Così, i suoi saggi (Pyrrhus e Cinéas, 1944; Per una morale dell'ambiguità, 1947; L'America giorno per giorno, 1948; L'esistenzialismo e la saggezza delle nazioni, 1948; Privilegi, 1955; La lunga marcia, 1957; Djamila Boupacha, in collaborazione con Gisèle Halimi; A conti fatti, 1972; Bisogna bruciare Sade?, 1972) abbracciano temi diversi. Quest'opera - postulata dal fatto che l'esistenzialismo, negando l'esistenza di un uomo universale ed assoluto e mirando alla molteplicità delle esperienze umane -, è destinata a prendere corpo in una letteratura autentica che «supera la separazione (degli esseri) affermandola».

Simone de Beauvoir intenterà una critica mordace al ruolo tradizionalmente assegnato alla donna (Una donna spezzata, 1967; Il secondo sesso, 1949) o alla Terza età (1970), moltiplicado gli esempi concreti, presi in prestito tanto dalla sua vita che dalla letteratura di tutti i tempi, purché atti a dirci qualcosa sull'esperienza propria di ciascuno, in una situazione data. Una stessa volontà di radicare pensiero e progetti nel vissuto anima la sua impresa autobiografica, allo stesso tempo tentativo d'interpretazione di un'esistenza e testimonianza del suo impegno.



L'azione - incessante compimento del proprio progetto intellettuale -, come anche l'esperienza del fallimento e la presenza della morte (L'ospite; Una morte dolcissima) accrescono la presa di coscienza della nostra finitezza dalla quale sorge il movimento verso l'altro. L'impegno politico – lotta per la liberazione della donna, sostegno ai popoli colonizzati, attività rivoluzionaria - non risponde, nella sua intimità di pensiero, ad un imperativo ideologico; è piuttosto la misura della libertà come anche l'atto con il quale, proiettandoci nel mondo, ci si situa e si situa gli altri nel mondo.
Simone de Beauvoir si è infine cimentata col teatro (Le bocche inutili, 1944); ma è probabilmente la sua autobiografia (Memorie di una ragazza perbene, 1958; L'età forte, 1960; La forza delle cose, 1963; A conti fatti, 1972) che perverrà ai posteri.

Non sappiamo quanto dell'opera di un'intellettuale siffatta sia giunto o possa giungere alla giovane generazione del terzo millennio. Certo è che alle ragazze degli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso la parola, il gesto, l'esempio di Simone de Beauvoir arrivavano con tutto il clamore e il fascino di un article de Paris, ed ebbero grande influenza sulla successiva elaborazione femminista compiuta dalle donne degli anni settanta. La "presenza" e il discorso della de Beauvoir fecero presa non solo presso le intellettuali-donne che più si interessarono ai suoi libri, ma anche presso la massa delle ignare che, pur non sapendo cogliere le specifiche articolazioni di quel discorso, seppero tuttavia avvantaggiarsi di quell'esempio, traducendolo negli atti concreti della vita di tutti i giorni.

Frasi Celebri di Simone de Beauvoir

Comandare:
Lo schiavo che obbedisce, spesso sceglie di obbedire.

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Data creazione biografia: 30 ottobre 2005
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