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Biografia di James Joyce |
Poeta - Scrittore
Nacque il 2 febbraio 1882 a Dublino da una famiglia cattolica e benestante. Il padre, John Stanislaus Joyce, dal carattere esuberante e cordiale, era esattore delle tasse e inoltre godeva di alcune rendite fondiarie nel suo paese d'origine; la madre, Mary Jane Murray, figlia di un commerciante di vini, era una donna mite e gentile.
James, primogenito di dieci figli, e i suoi fratelli vissero un'infanzia agiata e serena, nonostante le altalenanti condizioni economiche della famiglia, a causa di responsabilità del padre, incline all'alcol e afflitto dai debiti. Tuttavia a James non mancò l'istruzione presso le migliori scuole d'Irlanda. Nel 1888 iniziò a frequentare la Clongowes Wood College, diretta dai Gesuiti. Nel 1891, a causa di gravi difficoltà finanziarie, passò al meno esclusivo Belvedere College, sempre diretto dai Gesuiti, dove si distinse raggiungendo ottimi risultati scolastici.
Nel 1898, a sedici anni, entrò all'University College di Dublino, per studiare lingue moderne. Studente particolarmente dotato, si dedicò alla lettura di numerosi autori, fra i quali Flaubert, D'Annunzio, Hauptmann, Dante, Aristotele, Tommaso D'Aquino, Shelley, Coleridge e Wilde, alcuni di questi non contemplati nei suoi piani di studio; imparò anche il norvegese per leggere Ibsen nell'originale. Da queste letture trasse le nozioni di estetica che illustrò ai suoi compagni con il saggio "Teatro e vita". Inoltre pubblicò sul "The Fortnightly Review" un importante articolo dal titolo "Il nuovo dramma di Ibsen", che gli procurò una certa notorietà nell'ambiente universitario e che gli aprì la carriera di critico letterario. In quello stesso periodo scrisse anche il saggio "James Clarence Mangan" (1902) sul noto poeta irlandese, che venne pubblicato sulla rivista dell'University College.
Nell'ottobre 1902, conseguita la laurea in lingue moderne, James Joyce, nonostante le difficili condizioni economiche della famiglia, volle recarsi a Parigi, dove si iscrisse alla facoltà di medicina della Sorbona ma, per mancanza di denaro, dovette rinunciare molto presto a proseguire gli studi.
Durante la sua permanenza a Parigi mise all'opera il suo talento nella scrittura, già evidenziato nel corso degli anni scolastici, dedicandosi alla composizione di poemi in versi e in prosa che chiamò "Epifanie", e che sottopose al giudizio del poeta William Butler Yeats. Inoltre collaborò con il "Daily Express" di Parigi, pubblicando recensioni e poesie.
Rientrato a Dublino per assistere la madre, che morì il 13 agosto 1903, proseguì l'attività letteraria scrivendo di getto il racconto autobiografico "Ritratto dell'artista" (1904), che costituirà, una dozzina d'anni dopo, insieme al romanzo incompiuto "Stefano eroe", il primo nucleo della celebre opera "Dedalus, ritratto dell'artista da giovane".
Per Joyce il cammino nella carriera letteraria era ormai avviato, quando improvvisamente lo interruppe per dedicarsi al canto. Frequentò un corso di lezioni e partecipò ad un concorso di cui vinse il terzo premio. Per qualche mese insegnò anche in una scuola secondaria.
In giugno incontrò Nora Barnacle, una donna irlandese della quale s'innamorò, che gli rimase al fianco per tutta la vita e che sposerà solamente nel 1931.
Nell'ottobre 1904 lasciò Dublino, insieme a Nora, per trasferirsi sul continente, con l'intento di insegnare l'inglese. Dopo aver brevemente sostato a Parigi, raggiunse Zurigo, e successivamente Trieste e Pola, ma da quest'ultima città fu espulso per le sue simpatie filoitaliane.
Tornato a Trieste, nel marzo 1905 venne assunto come insegnante d'inglese presso la Berlitz School. Iniziò a dare anche lezioni private e fu attraverso questa sua seconda attività che incontrò Italo Svevo, col quale strinse amicizia.
Il 27 luglio 1905 nacque il figlio primogenito, a cui diede il nome di Giorgio.
Ma a turbare il menage famigliare dello scrittore sopraggiunsero gravi difficoltà finanziarie; i trasferimenti e le diverse sistemazioni abitative avevano causato l'accumularsi di consistenti debiti: in aggiunta, Joyce non riusciva ad amministrare il suo denaro con oculatezza. Ciononostante, le preoccupazioni e le difficoltà non distolsero James Joyce dal continuare la stesura di "Stefano eroe". Il romanzo, interrotto definitivamente dopo qualche anno e inizialmente composto da circa novecento pagine che lo scrittore in buona parte distrusse, venne pubblicato postumo nel 1944. Completò anche la raccolta di quindici racconti dal titolo "Gente di Dublino", che spedì in Irlanda all'editore Grant Richards, il quale dapprima accettò di pubblicarla, poi respinse il manoscritto accusandolo d'immoralità e d'irriverenza nei confronti degli irlandesi.
In ottobre il fratello Stanislaus si trasferì a Trieste col proposito di recare aiuto morale e finanziario a Joyce, ma la situazione non migliorò e James Joyce, nel 1906, perduto l'impiego alla Berlitz School, fu costretto a trasferirsi a Roma, dove trovò lavoro come corrispondente in una banca. La città di Roma non gli procurò alcun entusiasmo, anzi: incupito da un forte disagio interiore, smise di scrivere. Fece ricorso a onerosi prestiti e l'irrequietezza lo spinse al bere, finché, nel marzo 1907, abbandonato il lavoro, rientrò a Trieste, in cui riprese a dare lezioni d'inglese, affrontando un lungo periodo di privazioni e sofferenze. Intanto l'editore Elkin Mathews di Londra pubblicò la raccolta di trentasei liriche d'amore dal titolo "Musica da camera" (1907).
A Trieste, chiamato a collaborare al quotidiano "Il Piccolo", rivelò un buon talento giornalistico, ma l'ispirazione narrativa, perduta durante il soggiorno a Roma, non riusciva a ritrovare sufficienti stimoli per riemergere. Nel luglio 1907 James e Nora furono entrambi ricoverati in ospedale, lui per farsi curare febbri reumatiche, lei per dare alla luce la seconda figlia Lucia.
Nel 1909 si recò a Dublino, dove prese accordi con l'editore Maunsel & Co. per la pubblicazione di "Gente di Dublino". La casa editrice tuttavia non rispettò gli impegni assunti e Joyce, indispettito, scrisse contro di loro i versi satirici "Becco a Gas" (1912).
A Trieste continuò l'attività di giornalista, tenne conferenze e proseguì con l'insegnamento dell'inglese.
Nel 1913 Joyce fece la conoscenza di Ezra Pound, che aveva sentito parlare di lui da W.B. Yeats e che divenne un suo entusiasta sostenitore. L'anno seguente l'editore Grant Richards di Londra finalmente pubblicò "Gente di Dublino" (1914). La fortuna cominciò a sorridergli e Joyce, rasserenato scrisse il dramma "Esuli" (1915) e diede inizio all'"Ulisse", che da dieci anni aveva in mente.
Ma lo scoppio della prima guerra mondiale rallentò la sua attività di scrittore e lo costrinse a trasferirsi a Zurigo insieme alla famiglia. Intanto un editore di New York accettò di pubblicare in volume "Dedalus, ritratto dell'artista da giovane" (1916).
A Zurigo prese a frequentare i luoghi culturali più importanti, facendo la conoscenza di F. Wedekind, R. Rolland e S. Zweig. Conobbe anche una sua fervente ammiratrice, Harriet Shaw Weaver, che volle sostenerlo economicamente per consentirgli di dedicare più tempo alla scrittura dell'"Ulisse". Purtroppo Joyce incominciò a soffrire di glaucoma e nell'agosto 1917 subì un primo intervento. La sua fama comunque stava ormai allargandosi in Europa, mentre la rivista "The Little Review" di New York iniziò la pubblicazione a puntate dell'"Ulisse".
Nel 1919, finita la guerra, Joyce tornò a Trieste, ma vi restò pochi mesi: invitato a Parigi da Ezra Pound, si trasferì nella capitale francese con l'intenzione di rimanervi un anno, rimanendovi invece per venti.
A Parigi venne presentato da Ezra Pound a molti amici intellettuali, tra i quali T. S. Eliot, W. Lewis, Marcel Proust, Ernest Hemingway, Gertrude Stein, Scott Fitzgerald; conobbe Sylvia Beach, una giovane americana che dirigeva la libreria "Shakespeare and Company", e Adrienne Monnier, che dirigeva "La Maison des amis des Livres". Con entrambe strinse una solida amicizia.
Intanto nel 1921 a New York le redattrici del "The Little Review", dove l'"Ulisse" veniva pubblicato, ricevettero dalla "Società per la Prevenzione del Vizio" l'ingiunzione a sospenderne la pubblicazione, poiché l'opera era stata giudicata pornografica.
L'edizione completa dell'"Ulisse" venne pubblicata in mille copie a Parigi l'anno seguente da Sylvia Beach, ricorrendo ad una pubblica sottoscrizione.
Nel 1923 Joyce diede inizio alla sua ultima e più complessa opera "La veglia di Finnegans" (1939) sulla quale lavorò per sedici anni. In quest'opera, conosciuta nel corso della sua composizione col titolo "Lavoro in corso", Joyce sperimentò una sua personalissima forma linguistica. In questo periodo venne pubblicata una nuova raccolta di poesie dal titolo "Poesie da un soldo" (1927).
Negli anni seguenti Joyce fece alcuni viaggi in Olanda, in Austria, in Inghilterra, ma ripresero i disturbi alla vista che per un certo periodo lo resero quasi cieco. Nel 1930 fu costretto a sottoporsi ad un altro intervento agli occhi. Intanto le sue opere iniziarono ad essere tradotte in diverse lingue e Joyce si trovò al centro di un circolo letterario frequentato dai nomi più prestigiosi della cultura del tempo.
Nell'ambito famigliare invece le preoccupazioni per la salute della figlia Lucia, già da diversi anni colpita da una grave schizofrenia, si fecero più acute. Le cure di numerosi medici fra i quali Carl Gustav Jung non recarono miglioramenti. La malattia peggiorò e Joyce nel 1933 fu costretto a farla ricoverare in una clinica psichiatrica svizzera.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale e l'avanzata delle truppe tedesche in Francia costrinsero Joyce a riparare a Zurigo insieme a Dora, il figlio Giorgio e la sua famiglia, senza poter portare con loro Lucia. Quest'ultima dolorosa difficoltà e l'abbandono dell'attività letteraria gettarono lo scrittore in un profondo sconforto; inoltre iniziò a soffrire di terribili e continui dolori allo stomaco. L'11 gennaio 1941 dovette farsi sottoporre ad un intervento chirurgico per un'ulcera perforata. Sembrava che tutto si fosse risolto al meglio, ma il fisico di Joyce, ormai fortemente debilitato, non resse e lo scrittore morì il 13 gennaio 1941 a Zurigo.
Fu sepolto a Zurigo nel Filuntern Cemetery, dove dieci anni dopo fu sepolta anche Nora.
Nel 1957 venne pubblicata postuma una interessante raccolta dal titolo "Lettere".
James Joyce, è stato uno dei massimi scrittori del secolo scorso; a lui si ascrive il merito di aver spostato il corpus narrativo dall'oggettività, tipica delle correnti come il naturalismo e il verismo, alla soggettività dell'individuo, tramite mezzi stilistici come il monologo interiore e il flusso di coscienza. Da profondo conoscitore della letteratura mondiale, la sua arte spaziava dalla riproduzione degli stili di altri autori, caratteristica che rende ancora più elevata la bellezza dell'"Ulisse", all'analisi minuziosa dei classici (come Shakespeare), alla fine ironia, alla assertività delle tematiche. La sua ricerca di una lingua eminentemente letteraria lo condusse lungo un cammino travagliato e pieno di difficoltà, fino ad arrivare alla prosa elaborata de "La veglia di Finnegans".
La sua comprensione umana, sia rispetto alle sue radici nazionali, sia nei confronti di tematiche spiccatamente universali, lo pongono ai vertici della narrativa del Novecento, al pari di Marcel Proust, Franz Kafka e Robert Musil.
Frasi Celebri di James Joyce
- Felicità/Infelicità:
- Qual è l'età dell'anima umana? Come essa ha la virtù del camaleonte di mutar colore a ogni nuovo incontro, d'esser gaia con chi è allegro e triste con chi è depresso, così anche la sua età è mutevole come il suo umore.
- Genialità:
- Un uomo di genio non fa errori. I suoi errori sono voluti e sono portali di scoperta.
- Filosofia:
- A quanto possiamo discernere, l'unico scopo dell'esistenza umana è di accendere una luce nell'oscurità del mero essere.
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Data creazione biografia:
20 novembre 2005
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