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Biografia di Giovanni Falcone

Magistrato

Giovanni Falcone

Nato a Palermo nel 1939, da Arturo, direttore del Laboratorio chimico provinciale, e da Luisa Bentivegna, Giovanni Falcone conseguì la laurea in Giurisprudenza nell'Università di Palermo nell'anno 1961.

Dopo il concorso in magistratura, nel 1964, fu pretore a Lentini per trasferirsi subito come sostituto procuratore a Trapani, dove rimase per circa dodici anni. E in questa sede andò maturando progressivamente l'inclinazione e l'attitudine verso il settore penale.

A Palermo, all'indomani del tragico attentato al giudice Cesare Terranova (25 settembre 1979), cominciò a lavorare all'Ufficio istruzione. Il consigliere istruttore Rocco Chinnici gli affidò nel maggio '80 le indagini contro Rosario Spatola, vale a dire un processo che investiva anche la criminalità statunitense, e che, d'altra parte, aveva visto il procuratore Gaetano Costa - ucciso poi nel giugno successivo - ostacolato da alcuni sostituti, al momento della firma di una lunga serie di ordini di cattura.
Il 29 luglio 1983 il consigliere Chinnici fu ucciso con la sua scorta, in via Pipitone Federico; lo sostituì Antonino Caponnetto, il quale riprese l'intento di assicurare agli inquirenti le condizioni più favorevoli nelle indagini sui delitti di mafia. Si costituì allora, per le necessità interne a queste indagini, il cosiddetto "pool antimafia", sul modello delle èquipes attive nel decennio precedente di fronte al fenomeno del terrorismo politico. Del gruppo faceva parte, oltre lo stesso Falcone, e i giudici Di Lello e Guarnotta, anche Paolo Borsellino, che aveva condotto l'inchiesta sull'omicidio, nel 1980, del capitano del Carabinieri Emanuele Basile.

Si può considerare una svolta, per la conoscenza non solo di determinati fatti di mafia, ma specialmente della struttura dell'organizzazione Cosa nostra, l'interrogatorio iniziato a Roma nel luglio '84 in presenza del sostituto procuratore Vincenzo Geraci e di Gianni De Gennaro, del Nucleo operativo della Criminalpol, del "pentito" Tommaso Buscetta.
I funzionani di Polizia Giuseppe Montana e Ninni Cassarà, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, furono uccisi nell'estate '85. Fu allora che si cominciò a temere per l'incolumità anche dei due magistrati. I quali furono indotti, per motivi di sicurezza, a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell'Asinara.



Si giunse così - attraverso queste vicende drammatiche - alla sentenza di condanna a Cosa nostra del primo maxiprocesso, emessa il 16 dicembre 1987 dalla Corte di assise di Palermo. L'ordinanza di rinvio a giudizio per i 475 imputati era stata depositata dall'Ufficio istruzione agli inizi di novembre di due anni prima.
Gli avvenimenti successivi risentirono con tutta evidenza in senso negativo di tale successo. Nel gennaio il Consiglio superiore della magistratura preferì nominare a capo dell'Ufficio istruzione, in luogo di Caponnetto che aveva voluto lasciare l'incarico, il consigliere Antonino Meli. Il quale avocò a sè‚ tutti gli atti. Sopraggiunse poi un nuovo episodio ad accentuare ulteriormente le tensioni nell'ambito dell'Ufficio stesso, un episodio che ebbe gravissime conseguenze su tutte le indagini antimafia. In seguito alle confessioni del "pentito" catanese Antonino Calderone, che avevano determinato una lunga serie di arresti (comunemente nota come "blitz delle Madonie"). Il magistrato inquirente di Termini Imerese si ritenne incompetente, e trasmise gli atti all'Ufficio palermitano. Ma il Meli, in contrasto con i giudici del pool rinvio le carte a Termini, in quanto i reati sarebbero stati commessi in quella giurisdizione. La Cassazione, allo scorcio dell'88, ratificò l'opinione del consigliere istruttore, negando la struttura unitaria e verticisti delle organizzazioni criminose, e affermando che queste, considerate nel loro complesso, sono dotate di "un ampia sfera decisionale, operano in ambito territoriale diverso ed hanno preponderante diversificazione soggettiva". Questa decisione sanciva giuridicamente la frantumazione delle indagini, che l'esperienza di Palermo aveva inteso superare. Il 30 luglio Falcone richiese di essere destinato a un altro ufficio. In autunno Meli gli rivolse l'accusa d'aver favorito in qualche modo il cavaliere del lavoro di Catania Carmelo Costanzo, e quindi sciolse il pool, come Borsellino aveva previsto fin dall'estate in un pubblico intervento,' peraltro censurato dal Consiglio superiore. I giudici Di Lello e Conte si dimisero per protesta.

Il 20 giugno '89 si verificò il fallito e oscuro attentato dell'Addaura presso Mondello. Seguì subito l'episodio, sconcertante, del cosiddetto "corvo", ossia di alcune lettere anonime dirette ad accusare astiosamente lo stesso Falcone e altri. Le indagini relative furono compiute anche dall'Alto commissario per la lotta alla mafia, guidato dal prefetto D. Sica.
Una settimana dopo l'attentato il Consiglio superiore decise la nomina di Falcone a procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Palermo. Nel gennaio '90 egli coordinò un'inchiesta che portò all'arresto di quattordici trafficanti colombiani e siciliani.
Alle elezioni del 1990 dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura, Falcone, fu candidato per le liste "Movimento per la giustizia" e "Proposta 88" (nella circostanza collegate), con esito però negativo.
Intanto, fattisi più aspri i dissensi con l'allora procuratore P. Giammanco - sia sul piano valutativo, sia su quello etico, nella conduzione delle inchieste - egli accolse l'invito del vice-presidente del Consiglio dei ministri, C. Martelli, che aveva assunto l'interim del Ministero di grazia e giustizia, a dirigere gli Affari penali del ministero, assumendosi l'onere di coordinare una vasta materia, dalle proposte di riforme legislative alla collaborazione internazionale. Si apriva così un periodo - dal marzo del 1991 alla morte - caratterizzato da una attività intensa, volta a rendere più efficace l'azione della magistratura nella lotta contro il crimine. Istituita nel novembre del '91 la Direzione nazionale antimafia, sulle funzioni di questa il giudice dunque si soffermò anche nel corso della sua audizione al Palazzo dei Marescialli del 22 marzo '92. La sua candidatura a questi compiti, peraltro, fu ostacolata in seno al Consiglio superiore della magistratura, il cui plenum, tuttavia, non aveva ancora assunto una decisione definitiva, quando sopraggiunse la strage di Capaci del 23 maggio.

Insieme a Falcone, a Capaci, persero la vita la moglie Francesca Morvilio, magistrato, e gli agenti di scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. All'esecrazione dell'assassinio, il 4 giugno si unì il Senato degli Stati Uniti, con una risoluzione (la n. 308) intesa a rafforzare l'impegno del gruppo di lavoro italo-americano, di cui Falcone era componente.

Frasi Celebri di Giovanni Falcone

Coraggio/Codardia:
Il coraggioso muore una volta, il codardo cento volte al giorno.
Idee:
Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
Politica:
L'impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata è emotivo, episodico, fluttuante. Motivato solo dall'impressione suscitata da un dato crimine o dall'effetto che una particolare iniziativa governativa può suscitare sull'opinione pubblica.

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Data creazione biografia: 2 novembre 2005
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