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Biografia di Enrico IV di Francia |
Re di Francia
Enrico IV (castello di Pau 1553 - Parigi 1610), re di Navarra (1572-1610) e di Francia (1589-1610), il primo della dinastia dei Borboni, figlio di Antonio di Borbone, re di Navarra, e di Giovanna d'Albret. Capo degli ugonotti in seguito all'assassinio di Condé dopo la battaglia di Jarnac (1569), re di Navarra alla morte della madre (1572), sposò, in quello stesso anno (assecondando la politica conciliativa di Caterina de' Medici), Margherita di Valois, sorella di Carlo IX.
Si sottrasse alla strage di San Bartolomeo (24 agosto) simulando un'abiura, ma di lì a poco fuggì dalla corte e si pose a capo dell'Unione protestante. Erede della corona di Francia in seguito alla morte del duca d'Angiò (giugno 1584), ultimo fratello di Enrico III, lottò contro la Lega cattolica, che gli aveva opposto il cardinale di Borbone, e quindi contro Enrico III, che si era accordato con Enrico I di Guisa, animatore e capo effettivo della Lega; e, alleatosi ai protestanti tedeschi e a Elisabetta d'Inghilterra, riportò brillanti successi (in particolare la vittoria su Joyeuse, a Coutras, 1587); poi (1589) assediò Parigi unitamente a Enrico III, che gli si era ravvicinato dopo l'ostilità espressagli dagli Stati Generali di Blois (1588) e che morì assassinato dopo averlo nominato suo erede (1º agosto 1589).
Enrico IV ripiegò allora su Dieppe per assicurarsi le comunicazioni con gli Inglesi e respinse Mayenne ad Arques (23 settembre 1589), poi marciò su Parigi, ma fu costretto a ripiegare in Normandia; a Ivry (14 marzo 1590) respinse ancora Mayenne e gli Spagnoli dopo una carica di cavalleria rimasta famosa nella storia di Francia; e tornò ad assediare Parigi, ma dovette battere in ritirata in seguito all'arrivo degli Spagnoli comandati da Ottavio Farnese.
Favorito peraltro dalle discordie insorte in seno alla coalizione nemica (opposizione degli Stati Generali, convocati da Mayenne, alla candidatura dell'infanta Isabella, figlia di Filippo II) e dal risveglio della fedeltà alla monarchia legittima (Satira Menippea), abiurò il protestantesimo (Saint-Denis, 25 luglio 1593: “Parigi val bene una messa”), si fece consacrare re (Chartres, 27 febbraio 1594) ed entrò trionfalmente a Parigi (22 marzo 1594), consentendo agli Spagnoli di ritirarsi. Il fanatismo armò il braccio di Jean Châtel (attentato del 27 dicembre 1594), ma Clemente VIII, assolvendo il re, eliminò gli scrupoli dei cattolici (15 settembre 1595). I capi della Lega (Mayenne, Mercoeur, d'Epernon) si sottomisero (1595-1598); e gli Spagnoli, già vinti con Mayenne a Fontaine-Française (5 giugno 1595), e finanziariamente esausti, addivennero alla pace di Vervins (2 maggio 1598), che confermava le clausole di quella di Cateau-Cambrésis.
Il 13 aprile 1598, per ristabilire la pace religiosa, Enrico inaugurò un regime di tolleranza promulgando l'editto di Nantes; e a poco a poco conquistò gli animi con quella mancanza di rancore, quella bonomia e quella semplicità che gli erano caratteristiche e che celavano il senso innato dell'autorità. Dissimulatore, peraltro, esagerava certi suoi modi trasandati, certe sue rozzezze di linguaggio, che piacevano, come piaceva la sua fama di grande amatore (fu detto il “Vert Galant”). Ebbe difatti numerose relazioni (Gabrielle d'Estrées, Henriette d'Entragues, Jacqueline de Bueil, ecc.), che potrebbero essere considerate una reazione alle scostumatezze della prima moglie (il matrimonio con Margherita fu annullato nel dicembre 1599) se non fosse stato infedele anche a Maria de' Medici, da lui sposata (dicembre 1600) per mero interesse finanziario e dalla quale ebbe sei figli.
Dopo il 1598 intraprese la restaurazione dell'autorità monarchica e la riorganizzazione del regno con l'ausilio di collaboratori che scelse, indifferentemente, fra i protestanti (Sully) e fra gli ex membri della Lega (Villeroy, Jeannin). Non ebbe un primo ministro, volle solo consiglieri, e fra questi spiccò il duca di Sully, soprintendente alle finanze e gran maestro dell'artiglieria.
Impose ubbidienza ai governatori delle province (esecuzione capitale del maresciallo di Biron, luglio 1602) e li privò dei poteri civili; ricostituì l'integrità dei possessi della Corona; grazie a Sully, risollevò le finanze, anche se si resero necessari vari espedienti (istituzione della paulette 1604); favorì l'agricoltura (in condizioni miserevoli) restituendo i beni comunali ai contadini, riducendo i tributi fondiari, sviluppando l'allevamento, istituendo la sericoltura, procedendo al prosciugamento delle paludi e al rimboschimento. In quanto all'industria, seguì i consigli di Barthélemy de Laffemas: cercò di accrescere le esportazioni con la fabbricazione di articoli di lusso e fece appello ad artigiani stranieri. Prosperarono così la manifattura degli arazzi ai Gobelins, la lavorazione delle armi a Parigi, la drapperia a Reims e a Provins, l'industria della seta a Dourdan, quella dei merletti a Senlis, del vetro a Melun, ecc. Tornata la sicurezza, risorse anche il commercio. Importantissima fu pure l'espansione nelle terre d'oltremare: sbarco in Acadia del sieur de Monts e fondazione di Quebec a opera di Champlain (1608); fallì tuttavia, per l'opposizione degli Olandesi, il progetto di creare, con il loro ausilio, una Compagnia francese delle Indie Orientali.
A una politica di pace si attenne, per molto tempo, Enrico IV, ove si eccettui una spedizione contro il duca di Savoia, alleato della Spagna, al quale tolse Bresse, Bugey, Valromey e la regione di Gex (trattato di Lione, gennaio 1601). Ma, per impedire un accordo tra gli Absburgo di Vienna e quelli di Madrid, si alleò coi protestanti tedeschi dell'Unione evangelica, quando gli imperiali si impossessarono di Cleve e di Juliers (Jülich) [febbraio 1610], e preparò allora la guerra contro l'Impero e la Spagna. A questo punto si ridestarono però le passioni contro il re già protestante, che cadde sotto il pugnale di un fanatico, Ravaillac, armato forse dal partito cattolico (Parigi, rue de la Ferronnerie, 14 maggio 1610).
L'opera di Enrico IV, che aveva messo fine alle guerre di religione e liberato la Francia dall'ipoteca straniera, fu da lui stesso riassunta (1596) con queste parole: “Ho rimesso in piedi la Francia; adesso bisogna impedirle di crollare”. La storiografia moderna, confermando una tradizione ininterrotta (soprattutto nei ceti medi e popolari francesi) considera Enrico come una delle figure più importanti fra i sovrani europei, il vero fondatore della potenza francese culminata poi nel regno di Luigi XIV. — Icon. Appare bambino e ragazzo su alcuni pannelli conservati a Versailles e a Ginevra e, come re di Navarra, in due disegni (Parigi, Biblioteca nazionale). Il ritrattista ufficiale di Enrico IV, re di Francia, fu Frans Pourbus il Giovane, autore o ispiratore dei quadri conservati a Pau, Grenoble, Tolosa, Versailles e al Louvre. Rubens, che aveva ricevuto la commissione di una serie di pitture destinate al palazzo del Lussemburgo, lasciò incompiute le due principali: la Battaglia d'Ivry e l'Entrata trionfale in Parigi (1628-1631, Firenze, Uffizi).
La figura di Enrico IV appare spesso anche nel grande ciclo con le Storie di Maria de' Medici (1621-1625, Parigi, Louvre) dello stesso Rubens. L'effigie del re appare inoltre in una serie di busti in cera colorata (Parigi, Museo Carnavalet), o in un bronzo di Barthélemy de Tremblay (Parigi, Museo Jacquemart- André) e su due statue di marmo di Pierre de Francheville (Pau, castello) e di Barthélemy de Tremblay (Parigi, Louvre). La statua più nota del re era però quella posta sul terrapieno del Pont-Neuf, demolito nel 1792. Il monumento equestre era stato innalzato nel 1635: la figura del re era opera di Pierre de Francheville; il cavallo era stato fuso da Pietro Tacca. Del monumento restano solo i prigionieri che ne ornavano lo zoccolo (Parigi, Louvre).
Frasi Celebri di Enrico IV di Francia
- Europa:
- Parigi val bene una messa.
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Data creazione biografia:
18 novembre 2005
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